Continuando con Harry Potter
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Harry Potter è un assegno circolare. Fortunatamente per gli spettatori, è anche una serie che migliora di episodio in episodio, e questa nuova, spettacolare, puntata diretta da Cuaròn, che rientra nel progetto di far dirigere ogni nuova pellicola della serie ad un regista diverso, rappresenta, almeno fino al 2005, il punto più alto della eptalogia in divenire. Pur armato di forbici e cesoie, il regista messicano, già realizzatore del bizzarro Y tu mama tambien, viaggio iniziatico di due adolescenti alla scoperta del sesso e della vita, riesce a conferire a Potter un'immagine molto più adulta e convincente che nei due film passati, a dispetto del solo anno trascorso cronologicamente dalle sue ultime avventure. Eliminate le derive bamboccesce di matrice Spielberghian/Columbesche, Harry Potter si presenta al pubblico in una veste più dark ed oscura. Stavolta i nemici e gli incubi non vengono dall'esterno ma dall'animo dei protagonisti e molti temi, pur se non approfonditi, mantengono alto il livello di attenzione "sociale": la mancanza di genitori e di punti di riferimento, il razzismo, il dualismo delle personalità degli individui e la non assolutezza del male, le classi sociali, l'ingiustizia. Strepitoso il cast, che, ancora una volta, raccoglie il gotha del cinema anglossassone. Oltre ai soliti noti (Smith, Rickman) si aggiungono due mostri sacri come Oldman (sottovalutatissimo e qui splendido "villain") e Thewlis (già strepitoso ne L'Assedio e Naked), la sempre apprezzabile Emma Thompson e una manciata di caratteristi che solo un certo tipo di cinema riesce a sfruttare appieno come Timothy Spall, attore feticcio di Mike Leigh e Julie Christie. Formalmente perfetto, Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, continua la climax ascendente della serie: lo spirito del libro, avviso per i puristi, è salvo, anche se le due ore e mezza di proiezione, fatalmente, non bastano. A questo punto, la patata bollente passa nelle mani di Mike Newell…..
Harry Potter è un assegno circolare. Fortunatamente per gli spettatori, è anche una serie che migliora di episodio in episodio, e questa nuova, spettacolare, puntata diretta da Cuaròn, che rientra nel progetto di far dirigere ogni nuova pellicola della serie ad un regista diverso, rappresenta, almeno fino al 2005, il punto più alto della eptalogia in divenire. Pur armato di forbici e cesoie, il regista messicano, già realizzatore del bizzarro Y tu mama tambien, viaggio iniziatico di due adolescenti alla scoperta del sesso e della vita, riesce a conferire a Potter un'immagine molto più adulta e convincente che nei due film passati, a dispetto del solo anno trascorso cronologicamente dalle sue ultime avventure. Eliminate le derive bamboccesce di matrice Spielberghian/Columbesche, Harry Potter si presenta al pubblico in una veste più dark ed oscura. Stavolta i nemici e gli incubi non vengono dall'esterno ma dall'animo dei protagonisti e molti temi, pur se non approfonditi, mantengono alto il livello di attenzione "sociale": la mancanza di genitori e di punti di riferimento, il razzismo, il dualismo delle personalità degli individui e la non assolutezza del male, le classi sociali, l'ingiustizia. Strepitoso il cast, che, ancora una volta, raccoglie il gotha del cinema anglossassone. Oltre ai soliti noti (Smith, Rickman) si aggiungono due mostri sacri come Oldman (sottovalutatissimo e qui splendido "villain") e Thewlis (già strepitoso ne L'Assedio e Naked), la sempre apprezzabile Emma Thompson e una manciata di caratteristi che solo un certo tipo di cinema riesce a sfruttare appieno come Timothy Spall, attore feticcio di Mike Leigh e Julie Christie. Formalmente perfetto, Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, continua la climax ascendente della serie: lo spirito del libro, avviso per i puristi, è salvo, anche se le due ore e mezza di proiezione, fatalmente, non bastano. A questo punto, la patata bollente passa nelle mani di Mike Newell…..
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